Il terzo appuntamento con lo studio dello sciamanesimo baltofinnico si concentra ancora una volta sulla peculiarità della pratica sciamanica nel Kalevala e nella mitologia scandinàva con delle ultime importanti riflessioni. Numerosi sono i racconti scandinavi che identificavano gli antichi Finni come stregoni: la stessa etimologia del termine Finni indicava ciò. La dimensione prettamente sciamanica della religiosità propria delle popolazioni baltofinniche era più che manifesta agli occhi di chi la osservava ed è possibile rintracciare sopravvivenze di quest’ultima anche nel Kalevala.
di Marco Alimandi
I runi aventi al loro interno elementi sciamanici – ossia viaggi verso un’altra dimensione, solitamente ctònia, e incantamenti lirici – vennero definiti da Martti Maavio e da Matti Kuusi come i più antichi fra quelli contenuti nel Kalevala. Il «Viaggio a Tuonela», il «Viaggio nel corpo di Vipunen» e la «Sfida di canti tra Väinämöinen e Joukahainen» sono infatti evidenti testimonianze di un sostrato magico-sciamanico arcaico proprio non soltanto delle genti baltofinniche ma comune ai vari popoli uralici e indoeuropei dell’area artica e subartica.
Juho Pentikäinen ricorda come:
[…] la presenza degli stessi miti sciamanici nell’epica baltofinnica, sámi, scandinava, uralica e altaica suggerisce che i temi in questione possano essere particolarmente arcaici. La vasta distribuzione geografica dello sciamanesimo nell’area artica e subartica dimostra che si tratta di uno dei fenomeni culturali più antichi: doveva essere praticato migliaia di anni fa, anche prima delle migrazioni. Se lo sciamanesimo fosse databile a quattromila o cinquemila anni fa, potrebbe risalire al periodo degli ipotetici contatti fra i popoli uralici e indoeuropei.
Elementi comuni alle popolazioni germaniche e a quelle baltofinniche si ritrovano fra i runi del Kalevala precedentemente citati e i poemi scandinàvi della Sæmundar Edda.
Il «Viaggio a Tuonela» e il «Viaggio nel corpo di Vipunen» presentano al loro interno episodi sciamanici di traversamento fra mondi e di negromanzia: nel secondo runo qui citato, il gigante Vipunen viene risvegliato dal suo sonno di magia tramite un incanto pronunciato da Väinämöinen mentre nel primo è lo stesso Väinämöinen a scendere nel reame di Tuonela, ossia il regno dei morti. Per quanto concerne il mondo germanico, è sufficiente rifarsi alla tradizione scandinàva della discesa dell’ase Óðinn in Niflhel, il regno delle nebbie, per interrogare sui fati del figlio Baldr una veggente appartenente alla stirpe dei giganti e che lì giaceva. Anche in questo caso la morta risorge grazie al canto magico di Odin.
La «Sfida di canti tra Väinämöinen e Joukahainen» presenta similitudini con il certamen di sapienza svoltosi in Jǫtunheimr fra l’ase Óðinn e il gigante Vafþrúðnir, vinto dal primo e conclusosi con l’uccisione del secondo4.
Ulteriore indizio da non trascurare è il legame etimologico e semantico fra il finn. runo, alla base del termine finn. runot che designa i canti del Kalevala, e i sostantivi germanici legati al concetto di runa come segno grafico e magico.
Il sostantivo finn. runo si lega etimologicamente nella sua origine al mondo germanico. Immediato è il confronto con il sost. in accusativo p-norr. runo “segreto, mistero; segno, iscrizione, messaggio” inciso sulla pietra di Einang (Einangstein, Fagernes, Innlandet, Norvegia.) e con il sost. got. rūna il cui significato è desumibile dalla traduzione in gotico della Bibbia dei 70 operata dal vescovo Wulfila nel IV secolo.
Nella suddetta traduzione vi sono quattro attestazioni dei sost. got. rūna, garuni fra cui Luca 8:10 «[…] i misteri del regno di Dio […]» in cui il sostantivo gr. μυστήριον “mistero, segreto” viene reso da Wulfila con il got. rūna5.
1 SIMEK 1984, pp. 94-95, voce ‘fiðr’: norr. allotropo di finnr “finlandese, stregone, troll”, attestato in Sæmundar Edda, Vǫluspá 16 come nome di un nano; nel secolo XI d.C. divenne anche nome di persona maschile. «Die Finnen hatten in mittelalterlichen Skandinavien einen Ruf als Zauberer und auf diese Funktion dürfte sich der Zwergenamme F. beziehen».
2 PENTIKÄINEN 2014, p. 259.
3 Sæmundar Edda, Baldrs draumar 4: «[…] nam hann vittugri | valgaldr kveða, | unz nauðig reis, | nás orð of kvað», ossia «[…] egli [Óðinn, NdT] recitò a colei che vedeva lontano un incantesimo per i morti, finché la morta a forza non si destò e subito pronunciò queste parole».
4 Sæmundar Edda, Vafþrúðnismál.
5 LOOIJENGA 2003, pp. 7-8.
Il sost. gr. μυστήριον reca con sé un’aurea di significato legata al mondo esoterico-iniziatico della Grecia arcaica e politeista. La scelta filologica operata dal goto Wulfila non può certamente essere casuale. Conoscitore sia della lingua gota che di quella greca, all’epoca lingua della koinè cristiana, Wulfila scelse il termine rūna con un chiaro intento programmatico: rendere più manifesto e comprensibile all’uditorio goto il testo sacro di una religione avulsa da quella germanica.
A ciò si lega l’enorme importanza rivestita dalle rune nel mondo germanico – sia continentale che scandinàvo. Quanto appena detto è espressamente manifesto nella mitologia scandinàva dove l’ase Óðinn offrì sé stesso come sacrificio per ottenere la conoscenza dei segni runici e della loro valenza magica. Le rune vennero poi donate dallo stesso Óðinn agli uomini e perciò, a buon diritto, si potrebbero definire come ‘misteri di Óðinn’.
L’origine comune del got. rūna e del p-norr. runo è da ricercarsi nel p-germ. *rūnō “segreto, mistero; segno grafico” e seppure il finn. runo “canto, poema” muti apparentemente di campo semantico, rimane indissolubilmente legato alla dimensione misterico-sacrale germanica dove Óðinn praticava incanti magici, identificabili con il sost. norr. galdr “canto, incanto magico”, di cui le rune erano elemento imprescindibile in quanto segni magici che svelavano i loro misteri con il canto.
Infine, in ambito finnico – ricorda Domenico Comparetti – oltre al sostantivo runo anche il sostantivo virsi va a indicare il canto lirico ma fra i due è il primo a essere il più arcaico in quanto risalente all’epoca pagana – il sost. virsi risulterebbe essere un prestito dalla liturgia latino-ecclesiastica in quanto a quest’ultima solitamente si riferisce.
Insomma una è la parola per cui si distingue e caratterizza la poesia tradizionale dei Finni, la parola runo, così pel soggetto come per la forma che è unica ed essenzialmente sua. Uno solo è il metro per tutti i canti d’ogni natura, epici, magici, lirici, una è la norma di composizione per tutti come c’è in tutti una singolare omogeneità nel tono e nello stile. Unica è la runa, uno è lo stampo avito, creato dai padri in antichi tempi, col quale nacque, crebbe, visse, sopravvisse e si propagò questa poesia fino ai giorni presenti6.
Sia i tietäjä7- sciamani dei Finni – che i noita8 – sciamani dei Sámi – sono custodi di una tradizione arcaica, comune ai suddetti popoli. Da questa si svilupparono i canti del Kalevala e le leggende sámi che con i primi presentano numerosi parallelismi.
BIBLIOGRAFIA
COMPARETTI 1891
COMPARETTI D., Il Kalevala o la poesia tradizionale dei Finni, Roma, 1891
LOOIJENGA 2003
LOOIJENGA T., Texts & contexts of the oldest runic inscriptions, Leiden & Boston, 2003
PENTIKÄINEN 2014
PENTIKÄINEN J., La mitologia del Kalevala, Viterbo, aprile 2014
SIMEK 1984
SIMEK R., Lexikon der germanischen Mythologie, Stuttgart, 1984 6 COMPARETTI 1891, p. 16.
7 tietäjä: finn. composto di tietä- (i.e. radice del verbo tietää, “conoscere”) e di -jä (i.e. suffisso sostantivante che genera nomina agentis). Nel mondo finnico indica il sapiente, colui che conosce la realtà fisica e indaga quella metafisica.
8 noita: finn. derivante dal p-finn. *nojta, “stregone, veggente”. Nel mondo sámi indica il sapiente, colui che conosce la realtà fisica e indaga quella metafisica.