IL FUOCO DELLA BATTAGLIA: FUNGHI E URINA PER FARE ARDERE LE ‘TORCE PERENNI’

13 Dicembre 2023
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Nell’era vichinga il materiale prediletto per accedere alle fonti di calore era chiamatao hnjóskr o fnjóskr, che di solito è tradotto come “legno di contatto”. L’uso di questo tipo di fungo, come vedremo a breve, era molto particolare.

di Elisabetta Cardinali

Come avremo modo di vedere a breve, i vichinghi usavano un liquido unico per accendere il fuoco. Per quanto rispettassero le norme di comune igiene, non avevano remore a sfruttare il potere di un prodotto di scarto umano, come la comune urina.

Raccoglievano un fungo chiamato comunemente touchwood dalla corteccia degli alberi e lo facevano bollire per diversi giorni nel liquido, prima di pestarlo e trasformarlo in qualcosa di simile al feltro. Il nitrato di sodio trovato nelle urine permetteva al materiale di bruciare consumandosi molto lentamente, permettendo in questo modo un utilizzo prolungato nel tempo.

Il nome scientifico del fungo utilizzato è Fomes fomentarius, diffuso in Europa, Nord America e Asia e da noi conosciuto come fungo dell’acciarino, fungo dello zoccolo, legno di tocco o falso acciarino. Appartenente alla famiglia delle Polyporus o Boletus, è conosciuto anche come Polyporus fomentarius o Boletus chirurgorum. 

Altri termini usati per questa sostanza sono amadou, punk, agarico del chirurgo o agarico di quercia. Veniva raccolto in Europa in agosto e settembre, principalmente da quercia e faggio. Esso cresce anche sugli alberi della specie Inonotus obliquus (tra cui alberi di betulla) e ha la forma semi sferica di legno duro nero.

Ma come funzionava? Per prima cosa, i Vichinghi preparavano il fungo acciarino tagliando via i pezzi esterni mentre quelli interni venivano ridotti in fette sottili. Queste ultime venivano poi battute fino ad ammorbidirsi. Il “feltro” di funghi veniva infine lavorato in modo simile alla tela di carbone: bruciandolo in un contenitore privo di ossigeno e infine, come già menzionato, bollito in una miscela di comunissima pipì.

I vichinghi non erano gli unici a usare il fungo per accendere il fuoco

Mentre i vichinghi sono gli unici che conosciamo per l’usanza di bagnare il fungo nell’urina, molti antichi usavano solo i funghi come esca da accensione. E’ stato accertato che persino Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio che visse più di 5.000 anni fa, ne possedesse quattro pezzi. Come usare dunque il ‘fungo esca’ per accendere un fuoco?

Il fungo dello zoccolo essiccato può essere acceso con una singola scintilla. Considerato che la parte del fungo che si usa per accendere il fuoco si trova all’interno, esso va delicatamente scorticato (alcuni funghi esca sono davvero friabili all’interno). Dopo averlo ridotto in scaglie o strisce, è sufficiente avvicinarlo ad una fonte di attrito, come ad esempio un tondino di ferro. L’esca fumante può quindi essere utilizzata per accendere erba secca, foglie o piccoli ramoscelli secchi.

Scegliere di seguire la ‘ricetta’ originale dei popoli nordici è tuttavia quanto di più vicino alla vecchia tradizione possiamo trovare. La bollitura in urina è in definitiva un processo piuttosto semplice, anche se, come abbiamo visto, il procedimento può durare diversi giorni.

Perché l’urina?

L’urina contiene nitrato di sodio, che ha proprietà chimiche molto simili al nitrato di potassio (il “salnitro” che si trova nella polvere da sparo). Il nitrato di sodio consentiva al materiale di bruciare piuttosto che di fondere, trasformando l’artefatto in qualcosa di altamente infiammabile ed estremamente durevole.
Una volta acceso, il fungo rimaneva combustibile per giorni e giorni poiché di fatto “bruciava senza bruciare”. Ciò significava che i vichinghi potevano portare con sé la fonte di calore ovunque andassero. Ecco come essi si premuravano di non rimanere mai senza la possibilità di accendere il fuoco o di dare alle fiamme, potenti e distruttive, qualsiasi cosa desiderassero.

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