I VICHINGHI QUESTI SCONOSCIUTI: ALTRE SORPRENDENTI CURIOSITA’ SUGLI ANTICHI GUERRIERI

13 Dicembre 2023
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In un precedente articolo vi abbiamo presentato alcuni degli aspetti caratteristici, se non del tutto sconosciuti, forse più lontani da immaginari ingannevoli o falsi miti sui popoli germanici e nordici. Dall’igiene personale ad un’insospettabile senso di contemplazione per la bellezza fino alla credenza ormai sfatata che essi indossassero sempre dei copricapi ornati di corna, molto di ciò che pensavamo di sapere sui ‘vichinghi’ può sorprenderci nel ridimensionamento storico  della narrazione.

di Redazione

Erano abili sciatori e potevano dilettarsi nelle attività invernali 

Se non si può negare che le genti nordiche amassero le imbarcazioni è altrettanto vero che se conoscevano l’arte dello sciare e del sopravvivere superando gli ostacoli posti da imponenti masse di neve e ghiaccio presenti sul territorio. Lo sci era conosciuto e praticato soprattutto come mezzo di trasporto ma anche come attività ludica nei mesi bui dell’anno, quando le rigide condizioni climatiche rendevano difficoltoso l’andar per mare, in un periodo in cui gli iceberg e i venti impetuosi rendevano le rotte marittime troppo pericolose anche per le grandi navi. 

Nelle fitte foreste della Scandinavia era d’obbligo ritirarsi nelle abitazioni, fare stretta vita di comunità per sfuggire alla morsa del gelo e dedicarsi unicamente alla caccia e alla lavorazione delle pelli durante il tempo della pausa dal lavoro agricolo. Non era esclusa la possibilità di ingaggiare la battaglia, ma questa era meno consueta di quanto non si pensi, almeno nella stagione invernale. 

Affrontare i rischi e i pericoli legati alle condizioni ambientali costituiva la sfida quotidiana. Sci da neve, slitte e rudimentali pattini da ghiaccio fatti di supporti ossei sono stati rinvenuti dagli archeologi all’interno di diverse tombe. Il più antico paio di pattini finora conosciuto, risalente al XI secolo, è stato recuperato nell’ormai celebre sito di Birka, in Svezia. A dimostrazione della loro diffusione, possiamo menzionare un altro ritrovamento a York, in Inghilterra, risalente al X secolo.

Dalla Russia alla Cina fino a tutta l’area geografica scandinava, lo sci in generale è sempre stato un fenomeno essenziale da almeno 8.000 anni (la più antica raffigurazione in Scandinavia è un’incisione rupestre in Norvegia risalente a circa il 4.000 a.C.). I vichinghi, in un’epoca che si aggira intorno al circa 793-1066 d.C., lavoravano i loro sci manualmente, spesso utilizzando tecniche ornamentali, in paia o anche in pezzi singoli per coprire lunghe distanze in maniera rapida e probabilmente utilizzando un solo bastone (qualcosa che potrebbe ricordare il modello del moderno snowboard).

Gli artefatti erano lunghi in media circa due metri e mezzo, curvi sulla parte anteriore e assottigliati in quella posteriore e dotati di attacchi in pelle o in metallo senza copertura in pelliccia, caratteristica questa che apparteneva a modelli più datati. Prima dell’intento ludico quindi, la priorità fu sempre quella della sopravvivenza e del trasporto agevole, soprattutto per l’attività della caccia.

Lo sci e le divinità: Ull e Skadi

Il nome di Ull (o Ullr), figlio di Sif e figliastro di Thor ricorre in diversi luoghi di scavi archeologici. Secondo l’Edda di Snorri, Ull fu un dio guerriero “così abile nell’arco e nello sci che nessuno può competere con lui… È anche una buona persona da pregare quando si combatte da soli”. La dea cacciatrice, Skadi (o Skathi), era la figlia del gigante di ghiaccio (Jötunn), Thjazi. Snorri dice di Lei: “Viaggia molto sugli sci, porta un arco e spara agli animali selvatici. È chiamata Dio dello sci o Signora dello sci…”. Skadi ha un ruolo eroico e di primo piano in numerosi racconti e poemi eddici, segno di interesse e venerazione.

Il ruolo poco conosciuto della schiavitù nella società vichinga

L’immagine di libertà quasi selvaggia associata all’ideale delle genti nordiche, estremamente mobili nell’ambito della conquista e nel contempo estremamente reattive nella difesa dei territori stanziali, cozza con la realtà di base interna alle società dell’epoca, che al contrario era sostanzialmente statica e divisiva. La differenza tra chi era libero e chi non lo era rimane uno dei fattori elementari della struttura comunitaria secondo la quale erano definiti status e conseguenti possibilità di accedere alle risorse, ai ruoli sociali e ai beni materiali. 

Al di là della dicotomia di base e delle relative dinamiche che regolavano i rapporti di potere all’interno delle suddette società, l’istituzione della schiavitù esterna, che quasi sempre ha assunto carattere ereditario, non era certo nuova alle consuetudini dei secoli precedenti. 

In epoca vichinga, questa prospettiva cambiò radicalmente il quadro della dominazione esterna rafforzandone la spinta allorquando gli scandinavi iniziarono a fare dell’acquisizione attiva di risorse umane una parte fondamentale della propria economia. Tanto da diventare uno degli obiettivi principali delle incursioni e delle campagne militari, con il risultato di un aumento importante del numero di persone ridotte in schiavitù in Scandinavia.

Possiamo quindi affermare che le genti nordiche furono schiaviste? Resta il fatto storico che la consuetudine al rapimento e alla vendita o al relativo sfruttamento divenne in qualche modo un pilastro centrale di questa cultura di epoca in epoca. Non si trattò tuttavia di schiavitù completa ma di asservimento con limitata libertà di azione.

Il saccheggiamento degli insediamenti anglosassoni, celtici e slavi ne fu un esempio. Questo stato che potremmo definire storicamente ‘intermedio’ di schiavitù ha avuto comunque come obiettivo umano moltitudini di individui che venivano poi vendute in giganteschi mercati in tutta Europa e in Medio Oriente.

Uno studio attento delle ricerche archeologiche e l’analisi dei testi antichi ci restituisce un  quadro parziale ma evidente della situazione, ovvero quello di uno stadio intermedio di servitù, parzialmente volontario e con i limiti della costrizione economica nella forma del ripagamento coatto attraverso la costituzione di debito da onorare in un periodo di tempo determinato.

Un fatto certo è che nella terminologia del tempo il termine ‘schiavitù’ non venne utilizzata fino all’epoca recente e solo convenzionalmente negli studi accademici dei secoli recenti. Nell’antico significato veniva utilizzato il termine thræll, da cui deriva il moderno inglese “thrall”, che di contro si usò poi per indicare il concetto di innamoramento per una persona, un’ideale oppure un’opera d’arte.

Le donne vichinghe godevano di diritti fondamentali

Le giovani nordiche e germaniche dell’Europa centrale si sposavano già in giovane età e il loro ruolo principale era quello di occuparsi della casa e dei raccolti, mentre i loro uomini partivano per le missioni di guerra e di conquista, per terra o per mare. Tuttavia esse, a differenza di molte loro contemporanee avevano più libertà rispetto alle altre donne della loro epoca (un’approfondimento sulle differenze tra le popolazioni nordiche delle diverse aree territoriali sarà doverosa). 

A meno che non fossero schiave le donne scandinave, pure con le diversità appartenenti alle molte aree geografiche, potevano ereditare proprietà, chiedere il divorzio e reclamare la dote in caso di matrimonio finito. Non illudiamoci tuttavia. Alcuni recenti studi hanno messo in evidenza una sorta di parità di genere nell’epoca vichinga e anche se alle donne senza dubbio veniva attribuito un certo livello di potere, c’erano ancora grandi differenze di ruolo rispetto agli uomini. 

Non si sa con certezza se esse furono anche delle combattenti. Le saghe che raccontano di fanciulle guerriere sono state a lungo messe in dubbio dagli esperti. Nel 2017 l’analisi del DNA sulla tomba di un guerriero vichingo scavata nel 1889 nello storico sito di Birka, in Svezia, avrebbe affermato che il defunto era in realtà una donna.

I resti umani, assieme agli oggetti che l’accompagnavano, si sono rivelati attribuibili ad un essere umano di sesso femminile. Tra questi, come rivelato da un esclusivo reportage del Washington Post, anche un’antica scacchiera a testimoniare il valore del pensiero strategico di chi lo possedette prima della morte. Una prova pratica, secondo i ricercatori, dato che tali giochi venivano solitamente trovati solo nelle tombe dei guerrieri. 

Sempre secondo quanto riportato dal Washington Postil guerriero era, in effetti, una donna. E non una donna qualsiasi, ma una donna guerriera vichinga, una shieldmaiden, molto simile alla Brienne di Tarth di Game of Thrones“.

Tuttavia, le critiche allo studio non tardarono ad arrivare. La studiosa Judith Jesch ha sostenuto con forza che le ossa provenienti da tombe diverse potrebbero essere state mescolate e che l’associazione dei pezzi di gioco con lo status di guerriero sia stata nel tempo solo una mera speculazione.

La Jesch ha inoltre affermato che i ricercatori non avrebbero considerato le ragioni per cui il corpo di una donna potrebbe essere stato collocato nella tomba di un guerriero maschio. La maggior parte degli studiosi condivide l’opinione per cui secondo l'”ethos vichingo” non ci sarebbero state donne guerriere. Del resto, come già evidenziato, le donne avevano pari diritti in molti aspetti della società.

Magra consolazione: potevano possedere terreni, avviare procedure di divorzio, servire i sacerdoti e gestire un’attività commerciale. La loro sfera di influenza, nonostante tutto, rimaneva quella domestica.
(fonte https://www.lifeinnorway.net/viking-women).

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