Navigatori, agricoltori, uomini d’onore e grandi guerrieri: la forza della leggenda sopravvive ancora oggi attraverso la narrazione dei miti e il lavoro di molti studiosi di storia antica ed archeologi impegnati nella ricostruzione di ciò che fu il mito di un aggregato dei più conosciuti tra i popoli del Nord. Ma se di esso riteniamo di sapere davvero tutto, ci sbagliamo. In questo primo appuntamento vi presentiamo alcune delle peculiarità che potrebbero sorprenderci sulle abitudini degli antichi vichinghi.
di Elisabetta Cardinali
L’igiene: i vichinghi non erano sporchi ma anzi noti per la loro eccellente cura del corpo
Tra le numerose attività che richiedevano un notevole sforzo fisico, come ad esempio la coltivazione dei campi e la mietitura dei raccolti, la pesca e la costruzione di imbarcazioni fino alla feroce carica della battaglia, l’idea di un popolo scarsamente dedito all’igiene personale si è fatta largo nei secoli anche grazie all’immaginario collettivo creato dal mondo cristiano in epoca successiva, che descriveva i ‘barbari invasori’ come popolazioni dedite unicamente alla razzia o al mero saccheggio delle genti nemiche e senza nessuna forma di codificazione comunitaria interna, rispetto di strutture valoriali definite oppure, come analizziamo nel caso specifico, alcun senso dell’estetica.
A lungo dipinti come una sorta di ‘anarchici dell’antichità’ il cui unico interesse sarebbe stato quello di distruggere e annientare usi e costumi altrui senza nessuna consapevolezza di una forma propria di contemplazione della bellezza, i vichinghi erano nella realtà molto interessati alla cura delle forme esteriori.
Interesserà sapere che numerosi scavi di siti vichinghi effettuati dagli archeologi hanno portato alla luce pinzette, rasoi, pettini e ancora piccoli strumenti idonei alla pulizia delle orecchie, realizzati con ossa e corna di animali.
Si pensa che essi facessero inoltre il bagno almeno una volta alla settimana, ovvero molto più frequentemente degli altri popoli europei del loro tempo, dedicandosi molto spesso all’immersione in sorgenti termali naturali. Vi è addirittura un termine specifico, “Laurdag”, utilizzato per indicare il giorno della pulizia, generalmente identificato con il sabato.
Questo interesse per la forma fisica ed esteriore si concretizzerebbe anche nel punto successivo che vogliamo annotare, ovvero quello del culto vichingo per le capigliature chiare. Per conformarsi agli ideali di bellezza dell’epoca i vichinghi bruni, solitamente uomini, utilizzavano dei saponi aggressivi ad alto contenuto di liscivia per la decolorazione delle chiome così come, almeno in alcune aree, anche della barba. È probabile che questi trattamenti li aiutassero anche a risolvere un fenomeno ben più problematico di quello che poteva essere una criniera disordinata o bitorzoluta: i pidocchi.
I vichinghi non indossavano elmi con le corna e non chiamavano se stessi ‘vichinghi’
In epoca antica nei territori che allora comprendevano la Danimarca, la Svezia e la Norvegia vi erano aggregati di tribù diverse che con tutta probabilità non si definivano ‘vichinghe’ nel senso stretto del termine che venne poi utilizzato poi per identificarle.
I vichinghi non riconoscevano dunque gli altri vichinghi come tali? Sembra proprio fosse così. La comune denominazione stava ad indicare più semplicemente tutti gli scandinàvi che partecipavano a spedizioni oltremare e che probabilmente non riconobbero nazioni unitarie ancora per lungo tempo. La Norvegia fu unificata da Harald Bellachioma nell’872 ma oltre ad essa i vichinghi erano anche in Danimarca e in Svezia, con tribù frammentate spesso in guerra fra loro.
Anche se non sappiamo esattamente come si chiamavano, il termine è un’espressione del XIX secolo. All’epoca le altre nazioni si riferivano a loro chiamandoli Norreni, Normanni e Danesi.
Quanto ai copricapi indossati nei momenti di vita comune e durante gli spostamenti, le evidenze storiche e le raffigurazioni del tempo escluderebbero che questo prevedesse la presenza di corna attaccate alle estremità (l’unico elmo vichingo autentico mai scoperto è decisamente privo di corna).
La rappresentazione tramandata nei secoli è stata rafforzata nell’immaginario collettivo dall’opera di letterati ed artisti scandinàvi con espressioni pittoriche di epoca successiva (XIX secolo) probabilmente traendo ispirazione dalle antiche cronache greche e romane.
E se effettivamente erano i sacerdoti norreni e germanici ad indossare elmi cornuti in occasioni cerimoniali, l’usanza precederebbe dai 2000 ai 3000 anni lo sviluppo socio culturale delle genti vichinghe risalente al IX secolo d.C. I famosi elmi scoperti a Viksø, in Danimarca, 80 anni fa, risalgono ad esempio a circa il 900 a.C., quasi 2.000 anni prima.
Helle Vandkilde, archeologa dell’Università di Aarhus in Danimarca in un’intervista a LiVe Science ha affermato che “per molti anni la cultura popolare ha associato gli elmi di Viksø ai Vichinghi ma in realtà questa è un’assurdità. Il tema delle corna risale all’Età del Bronzo ed è riconducibile all’antico Vicino Oriente”.
Le similitudini tra le civiltà dell’Età del Bronzo in Europa e oltre si spiegano attraverso le raffigurazioni di copricapi trovati nell’arte rupestre e in statuette prodotte nello stesso periodo in Sardegna e nell’Iberia occidentale. È probabile che il motivo abbia raggiunto l’Europa dall’Oriente grazie ai viaggiatori fenici provenienti dalla zona costiera del Mediterraneo orientale.
3. Il fuoco sempre con sé: funghi e urina per accendere i falò
Un acciarino ricavato da un particolare tipo di fungo che i guerrieri raccoglievano dalla corteccia degli alberi facendolo bollire per diversi giorni nell’urina prima di trasformarlo in qualcosa di simile al feltro. Ecco in che modo i vichinghi si premuravano di non rimanere mai senza la possibilità di accendere il fuoco o di dare alle fiamme, potenti e distruttive, qualsiasi cosa desiderassero.
Il nome scientifico del fungo utilizzato è Fomes fomentarius, diffuso in Europa, Nord America e Asia e da noi conosciuto come fungo dell’acciarino, fungo dello zoccolo, legno di tocco o falso acciarino. In inglese touchwood.
Ma come funzionava? Per prima cosa, i Vichinghi preparavano il fungo acciarino tagliando via i pezzi esterni mentre quelli interni venivano ridotti in fette sottili. Queste ultime venivano poi battute fino ad ammorbidirsi. Il “feltro” di funghi veniva infine lavorato in modo simile alla tela di carbone: bruciandolo in un contenitore privo di ossigeno e infine, come già menzionato, bollito in una miscela di comunissima pipì.
Perché l’urina?
L’urina contiene nitrato di sodio, che ha proprietà chimiche molto simili al nitrato di potassio (il “salnitro” che si trova nella polvere da sparo). Il nitrato di sodio consentiva al materiale di bruciare piuttosto che di fondere, trasformando l’artefatto in qualcosa di altamente infiammabile ed estremamente durevole.
Una volta acceso, il fungo rimaneva combustibile per giorni e giorni poiché di fatto “bruciava senza bruciare”. Ciò significava che i vichinghi potevano portare con sé la fonte di fuoco ovunque andassero.
(Nota) La liscivia è un idrossido di metallo alcalino, tradizionalmente ottenuto dalla cosiddetta lisciviazione delle ceneri di legno ovvero un alcalino forte, altamente solubile in acqua, che produce soluzioni basiche caustiche. Il termine “liscivia” si riferisce più comunemente all’idrossido di sodio, ma storicamente è stato utilizzato anche per l’idrossido di potassio.