EGILL SKALLAGRIMSSON: POESIA E FUROR NELL’IDEALE DELL’UOMO NORDICO

13 Dicembre 2023
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La poetica e la vita dell’antieroe della letteratura islandese: poeta di guerra dell’epoca vichinga, stregone, berserker e agricoltore, Skallagrimsson è stato chiamato dai più ad incarnare l’ideale dell’Uomo Nordico. 

“Il finale è tutto.
 Anche ora
 sull’alto promontorio 
Hel sta lì e aspetta.
 La vita svanisce, devo andare
 e affrontare la mia fine.
 Non in miseria ma con il cuore di un uomo”. 

Poeta eccelso, Berserker e praticante di magia runica: queste poche parole riassumono, se pur non esaustivamente, la figura di Egill Skallagrimsson. Nato in Islanda da Skalla-Grímr Kveldúlfsson e Bera Yngvarsdóttir, Egill è considerato un eroe in patria ed è celebrato dagli Asatruar ogni 9 dicembre con un memoriale. Pochi hanno incarnato l’ideale dell’uomo nordico in modo cosi completo e complesso. La sua lunga vita è narrata nella saga omonima, una delle più famose saghe islandesi scritta con tutta probabilità da Snorri Sturlusson, discendente dello stesso Egill da parte di madre. Ma a rendere veramente immortale lo scaldo-guerriero fu il componimento “L’impossibile vendetta per il figlio”. 

L’infanzia e le faide 

La sua natura particolare emerse già all’età di 3 anni quando compose la sua prima poesia. Ma insieme alle doti di rimatore, Egill ricevette anche la berserksgangr, che si manifestò già durante l’infanzia. Verso i 7 anni fu imbrogliato da alcuni ragazzi e la cosa lo fece imbestialire a tal punto che spaccò il cranio ad uno di questi con un’ascia. Era questo soltanto il preludio ad una vita burrascosa dove fu messo continuamente alla prova. Famoso è il suo Holmgang (Duello giudiziale/rituale) contro Berg-Önundr per questioni di eredità. Egill si macchiò inoltre dell’omicidio di un certo Bárðr, servitore favorito della regina Gunnhildr di Norvegia moglie di Harald I. 

La regina non perdonò mai Egill per questo, scatenandogli contro una faida che durò molto tempo e che costò la vita ai suoi due fratelli, mandati ad uccidere lui e suo fratello maggiore Þórólfr, un tempo amico dei reali di Norvegia. Successivamente le cose non miglioreranno affatto con l’ascesa al trono di Eirik Asciarossa (Eirik Blodøks ). Furioso per la morte del figlio Rögnvaldr, dopo molte vicissitudini, riuscì ad imprigionare Egill e a condannarlo a morte. Ma Egill non avendo nessuna intenzione di morire in quel modo, sfruttò le sue doti poetiche per comporre un brano (drápa) di lode dedicato allo stesso Eirik. La poesia impressionò il re a tal punto che decise di scagionare Egill e lasciarlo libero. 

Egill e la magia 

L’utilizzo della magia intesa come stregoneria e l’impiego delle rune, è un tema assai ricorrente nelle saghe islandesi. Dopo l’ uccisione di Rögnvaldr Eiríksson, Egill maledisse i reali di Norvegia con la pratica del níðstöng o “palo dell’infamia”: 

“Qui ho posto il palo della níð, e dichiaro e questa níð contro il re Eiríkr e la regina Gunnhildr,” — girò la testa del cavallo verso la terraferma — “Io dichiaro questa níð contro gli spiriti di questa terra, e sulla terra stessa, in modo che tutti si smarriscano, non rimangano o trovino i loro luoghi, finché non scaccino il re Eiríkr e Gunnhildr da questa terra.” Preparò il palo della níð nella rupe di fronte e la lasciò eretta; portò gli occhi del cavallo sulla terra, mise delle rune sul palo, e disse tutto con le parole formali della maledizione…” 

In un altro episodio, Egill salva dalla malattia una donna la quale si era aggravata a causa dell’uso errato da parte del fratello di un amuleto runico. Si dice che Egill, notando la sofferenza estrema della donna, chiese se si fosse fatto uso di pratiche magiche. Quando vide che l’amuleto d’osso di balena, posto sotto il letto della donna, presentava una sequenza errata di rune, la corresse e la donna guarì in breve tempo. 

I poemi 

Il lascito più importante di Egill sono però i suoi componimenti. Egli è considerato come il più grande poeta della sua epoca ed esponente della poesia di corte (ovvero degli scaldi). La passione delle popolazioni germaniche per la poesia è ben conosciuta e lo stesso J.R.R. Tolkien la vedeva come uno dei tratti più nobili ed elevati di questa cultura. Con tutta probabilità, nella famiglia di Egill questa virtù era un tratto ereditario tanto che, come abbiamo detto prima, compose la sua prima rima all’età di 3 anni. 

Oggigiorno sarebbe stato visto come un “bambino prodigio” salvo poi mostrare il suo carattere cupo e irascibile pochi anni dopo. La principale caratteristica delle sue poesie sono le rime baciate che usò per primo nella lingua norrena oltre alle consuete “Kennigar”

Nel Sonatorrek, “L’impossibile vendetta per il figlio” o “morte di un figlio” si narra di Böðvarr, il figlio minore che ad Egill era immensamente caro, morto durante un naufragio alla sua prima uscita per mare. Lo seppellì a Digranes, nel tumulo di suo padre Skállagrimr. Questo ennesimo lutto (il figlio maggiore Gunnarr era morto di malattia) lo prostrò a tal punto che Egill maturò propositi suicidi. Fu sua figlia Þorgerð a farlo desistere dall’intenzione di lasciarsi morire nel letto, incitandolo a scrivere dei versi che avrebbero ricordato Böðvarr per sempre. Pur essendo convinto di non riuscire a poetare per l’immenso dolore che provava, riuscì lo stesso a comporre “L’impossibile vendetta per il figlio” poema che a tutt’oggi viene celebrato come massima espressione della sua arte. 

Gli altri componimenti attributi ad Egill sono Aðalsteinsdrápa, Drápa per il re Anglosassone Æthelstan, Höfuðlausn (“Il riscatto della testa”) dove è narrato come si salvò dalla condanna a morte di Eirik, Arinbjarnarkviða, poema dedicato al suo amico Arinbjörn e ancora Skjaldardrápa, Berudrápa, Lausavísur e Frammenti. 

L’ideale del “vichingo” nella poetica di Skallagrimssson 

Nell’immaginario collettivo odierno, la figura del “vichingo” inteso come uomo del nord è ormai annacquata e edulcorata a tal punto da non avere più alcuna aderenza con la realtà storica. Se era vero che l’era vichinga fu l’ultimo periodo in cui esplorazioni, scorrerie e guerre avevano ancora una dimensione umana, era anche vero che gli scandinavi che la vissero, ebbero sempre a che fare con le leggi del posto dove si trovavano e dei regni ai quali appartenevano che, sia per tradizione che per convenienza, venivano quasi sempre fatte rispettare. 

L’idea di poterle ignorare e scavalcare, anche solo per ottenere giustizia, restò sempre un romantico azzardo. La vita di Egill ci comunica a chiare lettere che si, un uomo dotato di forza e intelligenza fuori dal comune come lui poteva, se assistito dalla fortuna e con qualche aiuto di natura magica, tenere testa anche a figure come Harald I ed Eirik Asciarossa , ma che poi c’era comunque un prezzo da pagare. 

La sua vita straordinaria non sarebbe risultata tale in un contesto diverso. Gli scandinavi non ancora cristianizzati, vivevano in una “bolla” dove il sovrannaturale si fondeva col quotidiano, come riportato anche in molte saghe e in particolare nella “Saga degli insediamenti”.

La poesia scaldica, di cui Egill era maestro e l’utilizzo delle rune a scopo di maledizione e di cura erano il ponte tra questa realtà materiale e quella magico-religiosa-sciamanica propria di quell’area geografica che subiva comunque le influenze finniche e slave relative a queste pratiche. Ma quello che la sua saga ci mostra tra le righe è l’aspetto “multi-potenziale” della sua personalità. Non una figura a “senso unico” totalmente buona o totalmente malvagia ne lo stereotipo del barbaro ignorante e illetterato che ancora oggi va per la maggiore. Quello che traspare è un uomo consapevole delle sue doti, il cui carattere peculiare lo porta spesso dentro non semplici conflitti dai quali esce si vivo ma mai senza conseguenze. 

Egill è riuscito in quello a cui molti hanno aspirato, essere ricordato secoli dopo la sua esistenza. Questo era ed è sempre stato il vero “ideale del vichingo” Non tanto la morte gloriosa in battaglia, che comunque era sempre vista come atto d’onore supremo, quanto al ricordo che si sarebbe lasciato dopo la dipartita. 

“Muoiono i beni, muoiono i congiunti
 e tu stesso,morrai; 
una cosa conosco che mai perirà
la fama di chi è morto” 

Havamal stanza 77

Autore

  • Halfdan Fjallarsson

    Halfdan Fjallarsson, classe 1980, è un rievocatore storico, blogger, scrittore, ricercatore indipendente ed istruttore di scherma storica. Insieme ai suoi fratelli ha fondato l’associazione Valhalla Viking Victory - “Warriors of the Ravenshield” nel 2005 portando la rievocazione storica dei vichinghi alle porte di Roma. La sua ventennale esperienza nella mitologia e nella tradizione nordica, lo hanno portato a fondare il movimento socio-culturale e spirituale chiamato “La via di Albione” e alla realizzazione a tutt’oggi di tre edizioni del “Fjallstein Viking Fest”, il primo festival dedicato alla cultura dei vichinghi nel Lazio.

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